Sono stati confiscati 200 mila euro di beni a Giancarlo Giugno, ritenuto, come riporta gds.it, esponente di rilievo di cosa nostra di Niscemi. Tra i beni confiscati ci sono n caseggiato e altri beni mobili, tutti intestati a parenti stretti dell’esponente di cosa nostra, che erano stati sequestrati nel 2013, a seguito di decreto emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Caltanissetta, su proposta del questore.
Thank you for reading this post, don't forget to subscribe!I poliziotti della divisione polizia anticrimine della questura di Caltanissetta, hanno eseguito il decreto di confisca definitiva dei beni, emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale nel dicembre del 2015 e divenuto irrevocabile lo scorso mese di gennaio, a seguito di sentenza della Suprema Corte di Cassazione, nei confronti di Giancarlo Maria Lucio Giugno, al momento detenuto, esponente di rilievo dell’organizzazione criminale “cosa nostra” di Niscemi.
La pronuncia della Corte di Cassazione ha consentito allo Stato di acquisire beni immobili ubicati in Niscemi, risultati essere frutto del reimpiego dei proventi dell’attività illecita attuata dal Giugno, per un valore di oltre 200 mila euro.
Il 16 febbraio del 2013 la squadra mobile di Caltanissetta, dopo 22 anni di indagini, arrestò dieci tra capi e gregari di cosa nostra di Niscemi, ritenuti a vario titolo esecutori e mandati dell’assassinio di Roberto Bennici e del tentato omicidio di Francesco Nanfaro, due affiliati alla stidda niscemese, raggiunti dai killer il 23 ottobre del ’90 mentre erano seduti in un bar del paese.
Le manette scattarono per Giancarlo Giugno, di 53 anni, e Rosario La Rocca, di 56 anni, inteso ”Saro Pacola”, entrambi pregiudicati di Niscemi, raggiunti da ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal gip del tribunale di Catania.
Agli altri otto imputati, in stato di detenzione, i provvedimenti restrittivi sono stati notificati in carcere: Salvatore Calcagno, Giovanni Passaro, Giuseppe Tasca, Pasquale Trubia, Emanuele Cassarà, Emanuele Iozza, tutti di Gela; Angelo Tisa e Salvatore Siciliano entrambi di Mazzarino.
L’omicidio di Roberto Bennici e il grave ferimento di Francesco Nanfaro avvennero nel corso della guerra di mafia tra stidda e cosa nostra, nelle province di Caltanissetta e Ragusa.