Yosano Akiko e la spagnola in Giappone: sguardo al passato. La poetessa giapponese Yosano Akiko ricorda la spagnola in Giappone.
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Yosano Akiko. Da Marzo si parla solo dell’emergenza sanitaria e lo sguardo si rivolge al passato per capire se ci sono delle analogie con la situazione che tutti stiamo vivendo, quindi viene ricordata la peste nera del 1346, l’epidemia del 1630 raccontata da Manzoni e la famosa spagnola che tra il 1918 e il 1920 contagiò 500 milioni di persone.
Il professore Luca Capponcelli, docente di lingua e letteratura giapponese all’università di Catania, ha appena tradotto un articolo della poetessa Yosano Akiko che parla della vita dei giapponesi durante l’influenza spagnola. Questo articolo, inedito in italiano, fu pubblicato il 23 novembre 1918 sul ‘Yokohama Boeki Shinpo’ (giornale commerciale di Yokohama) ed è stato ricordato lo scorso 9 marzo sul quotidiano giapponese Asahi Shinbun per le riflessioni che suggerisce.
Yosano Akiko (1878-1942) è una poetessa importante per la letteratura giapponese del Novecento. Profonda conoscitrice della letteratura classica, con la sua prima raccolta di versi (Capelli scarmigliati, 1901) rinnovò la poesia tradizionale grazie a una grande forza immaginativa tesa all’esaltazione della passione amorosa. Attraverso vari saggi esplorò la condizione femminile, espressione di un femminismo legato a ideali umanistici.
“A letto con l’influenza”
Dicono che l’epidemia circoli in tutto il mondo. Il progresso dei mezzi di trasporto ha reso globale persino questa influenza. È davvero sorprendente quanto sia rapida la sua diffusione. È bastato che uno dei miei bambini si infettasse a scuola per mischiarla a tutta la famiglia, uno dopo l’altro. Gli unici a non essersi ammalati sono i due maschietti che la scorsa estate erano stati sulla costa di Bizen. Che straordinaria efficacia devono avere i bagni a mare.
Sia a Tokyo che a Osaka numerose persone hanno perso la vita per la polmonite acuta causata dall’influenza. Anche l’aver portato via dal mondo letterario lo scrittore Shimamura Hōgetsu è uno dei terribili danni provocati da questa epidemia.
Salta agli occhi il tipico opportunismo dei giapponesi che intrecciano le corde solo dopo aver visto il ladro (*modo di dire giapponese simile a “chiudere la stalla dopo che i buoi sono fuggiti”).
In ogni scuola materna e primaria si è deciso di sospendere le lezioni solo dopo consultazioni di diversi giorni, quando ormai i bambini erano quasi tutti contagiati.
Sebbene ogni scuola faccia riferimento a un presidio medico, mi sembra che ci sia stata una straordinaria mancanza di attenzione alla profilassi igienica e alle misure d’emergenza.
Se non scoppiano rivolte per il riso, la borghesia non comprende gli stenti della popolazione per l’aumento dei prezzi. Se non vedono studenti morire assiderati, nel sistema educativo non comprendono la pericolosità delle escursioni in montagna tanto di moda, ma che non hanno niente di scientifico. Tale è l’attitudine miope e opportunista che accomuna i giapponesi.
Quando sono esplose le rivolte per il riso, nelle città avevano vietato assembramenti con più di cinque persone. L’aggressiva contagiosità dell’influenza, a differenza dei danni transitori di tumulti per il riso, priva un gran numero di persone della salute e della capacità di lavorare.
Attraverso i giornali le questure e i presidi medici avvertono persone e studenti di evitare i luoghi affollati. Nonostante ciò, perché il governo, per arginare questo pericolo, non si affretta a ordinare la chiusura temporanea di quei luoghi in cui si ammassa la gente come i negozi tessili, le scuole, gli spettacoli, le fabbriche, le grandi esposizioni?
A causa di questa mancanza di coesione delle istituzioni sociali, quanti saranno quelli coinvolti in una sventura che avrebbero potuto evitare?
Questa influenza provoca una febbre alta che, se trascurata, degenera in polmonite. Per questo, si dice che è necessario assumere antipiretici che abbassino la febbre. Eppure, in molte città i medici non prescrivono quelli più efficaci, come il Migränin e il Pyramidon, a causa del loro prezzo elevato. Il massimo che fanno è somministrare aspirine prodotte in Giappone, anche nocive allo stomaco. Così, la gente di estrazione sociale inferiore s’arrangia con i farmaci in commercio. In questa situazione, molti sono i malati che non guariscono. E non è forse anche questo il motivo della crescente aggressività dell’epidemia?
Le strutture mediche, pubbliche e private, e i ricchi dovrebbero contribuire a rendere accessibile il il Migränin e il Pyramidon anche ai meno abbienti, così come dovrebbero fare altrettanto per la distribuzione del riso. L’uguaglianza non fu professata soltanto da Rousseau. Anche Confucio disse: non preoccuparti della scarsità, ma della sua giusta distribuzione”, e nel Liezi è scritto: “L’uguaglianza è il principio supremo del mondo”.
La coscienza etica dei nostri tempi deve farci pensare a quanto sia assurdo che nella stessa comunità debba esserci chi, per una questione materiale come l’indigenza, non possa esser curato con medicinali efficaci e, perciò, inutilmente soffrire e sentirsi più in pericolo ancor di più degli altri.