Volto sfregiato, occhi tumefatti e fratture ovunque, il dramma di una 38 enne catanese

La Procura Distrettuale della Repubblica, nell’ambito di indagini a carico di G.M., di anni 28, indagato per i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate, commessi in danno della fidanzata, di anni 38, ha richiesto ed ottenuto la misura cautelare in carcere eseguita dai Carabinieri della Stazione di Catania Piazza Dante.

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Le indagini, coordinate dal pool di magistrati qualificati sui reati che riguardano la violenza di genere, hanno evidenziato come la donna abbia patito per oltre tre mesi atti di una violenza inaudita per mano del giovane partner.

La vittima, dopo aver avuto una lunga convivenza con un altro uomo, durante la quale era nato un figlio, oggi maggiorenne, aveva intrapreso da pochi mesi una relazione sentimentale con l’indagato, il quale manifestava ossessive forme di gelosia nei suoi confronti espresse attraverso minacce ed aggressioni.

Lo scorso 23 agosto la donna si recava dai carabinieri di piazza Dante con il volto sfregiato sul lato destro, gli occhi tumefatti e vari lividi e, piangendo a dirotto,  consegnava un referto dell’ospedale Garibaldi dov’erano descritte le seguenti lesioni: “frattura ossa nasali, trauma cranico non commotivo, contusioni facciali multiple e perforazione post traumatica timpano destro” giudicate guaribili in giorni 30.

Aggressione subita solo perché, mentre si trovava in macchina con il fidanzato, le era giunta sul telefonino una chiamata dell’ex compagno alla quale non aveva risposto. In quel frangente il giovane l’aveva costretta a ritelefonare all’ex mettendo l’apparecchio in viva voce e, sebbene l’uomo al telefono si fosse limitato a dirle che si era preoccupato perché in precedenza non aveva risposto alla chiamata, l’odierno indagato le contestava invece di avere ricevuto un esplicito invito ad un incontro apostrofandola con epiteti irripetibili, lesivi per la dignità della parte offesa.

Al minimo accenno di replica alle accuse mossele, la donna veniva colpita ripetutamente al volto con schiaffi e pugni fino a giungere sotto casa dove, alla presenza di alcuni passanti, che comunque non intervenivano in difesa della poveretta, veniva afferrata per i capelli e trascinata fuori dall’auto ed ancora picchiata, con l’avvertimento che se avesse parlato sarebbe morta lei ed il figlio.

La donna nel raccontare l’esecrabile episodio ha sottolineato ai carabinieri di non averlo denunciato prima proprio per paura di ritorsioni anche perché, prendendo ad esempio un episodio avvenuto lo scorso luglio, l’uomo, dopo aver divulgato a sua insaputa una foto che la ritraeva nuda, alle rimostranze della donna aveva estratto una pistola dalla cintola gliel’aveva puntata sotto il mento minacciandola di morte anche se in presenza di un’amica della vittima. Dopo, nel  riaccompagnarla  in moto a casa, sotto il portone dell’immobile estrasse nuovamente l’arma, gliel’ha puntò alle gambe formulando l’ennesima minaccia:<<finalmente qua ti posso sparare perché nessuno vede niente!>>

Grazie alla coraggiosa denuncia della vittima, i carabinieri, in perfetta osmosi investigativa con il magistrato titolare dell’indagine, hanno acquisito tutti gli elementi di prova utili al giudice per l’emissione della misura restrittiva.

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