La congettura peggiore calcolata è un sisma di magnitudo 6.8 Richter (L’ipotesi peggiore possibile) con epicentro fuori città, come il disastro del 1693. Dagli studi effettuati, il numero ipotetico di morti, feriti, sfollati ed edifici sgretolati.
Thank you for reading this post, don't forget to subscribe!«Non confortante» lo stato degli ospedali e le “caserme dei vigili del fuoco”!
Se si fa riferimento a uno spauracchio di attualità come il terremoto – specie dopo i tremori sismici che hanno investito il territorio di Santa Maria di Licodia, Biancavilla e Paternò – allora possiamo dire che il Comune di Catania ha messo tutto nero su bianco Nel 2012 . Ma avranno fatto gli interventi propedeutici per evitare il peggio?
Uno scenario simile, che non è redatto per portare sfiga, ma più che altro per avere una base di partenza quando si deve reagire concretamente a una catastrofe di proporzioni devastanti, ma noi rimaniamo scettici! il cosiddetto Big one – in altre parole il terremoto «serio» – ci troverebbe all’altezza della situazione?!?! Secondo studi accurati, in una scala crescente da uno a cinque, sarebbero 972 gli edifici che andrebbero incontro al grado di danno più alto, ovvero il collasso, il completo sgretolamento. Non sono pochi, ma c’è di peggio. Scendendo di un solo gradino nelle categorie del rischio sismico, passando dunque al livello quattro, le abitazioni che andrebbero incontro al crollo parziale sarebbero oltre 10mila, per l’esattezza 10mila e 380. Quasi 9mila quelle che incasserebbero danni di livello 3, ovvero lesioni gravi.
Quando su questa griglia si inserisce poi l’elemento umano, le previsioni diventano meno fredde ma anche più spaventose. In caso di sisma 6.8 Richter, i morti – ovviamente su un piede statistico – sarebbero 590. I feriti sarebbero, invece, quasi 1800 circa, e il numero di sfollati e senza tetto sarebbe agghiacciante: 27mila. Catania sarebbe davvero in grado di reagire? Una città in cui Comune, questura, prefettura e addirittura molte caserme dei vigili del fuoco sono collocate all’interno di edifici costruiti molto prima che sorgessero i cosiddetti criteri anti sismici, avrebbe la forza per rialzarsi da un tracollo di simile portata? Questo è impossibile da predire, ma neppure da sottovalutare.
Un’altra previsione che fa una certa impressione è l’ipotesi di distribuzione dei danni sul territorio comunale, indicata ancora nel Piano di emergenza comunale. In presenza di un terremoto di forte entità, le zone di Catania più martoriate sarebbero «la parte di centro storico inclusa da via Plebiscito ad ovest, da via Umberto a nord e da via Dusmet a sud» e ancora «un vasta area del quartiere Picanello, le zone di edilizia popolare nel quartiere San Leone e buona parte dell’edificato intorno alle vie Acquicella, Acquicella Porto e Zia Lisa.
Il Piano di emergenza sintetizza con dovizia di particolari il rischio sismico della città di Catania. Qui le previsioni diventano quasi per addetti ai lavori, estremamente settoriali. Uno degli specchietti più interessanti riguarda i diversi modi in cui sono stati costruiti gli edifici a Catania a partire dal 1919, associati a varie ipotesi di esposizione al rischio. In generale la fragilità delle case catanesi è «inferiore per gli edifici in muratura, e superiore per quelli in cemento armato», con questi ultimi che rappresentano il 22 per cento del totale e che sono diventati la regola – o quasi – nelle costruzioni a partire dagli anni ’70. In merito agli edifici non a norma anti sismica, è notoria la difficoltà degli enti pubblici per reperire risorse per la riqualificazione, in assenza di un piano organico.
Di rilievo sono i grafici riguardanti le condizioni strutturali di alcuni tipi di edifici, come per esempio beni monumentali, chiese, ospedali. Quanto ai monumenti, quasi l’80 per cento del totale è composto da palazzi e chiese. Se i palazzi presentano «uno stato di manutenzione medio-buono con stati fessurativi limitati e con una qualità muraria che può considerarsi generalmente accettabile», lo stesso non può dirsi per i luoghi di culto. Che presentano «una percentuale, seppur limitata, di danno grave e di stato di manutenzione pessimo». Si tratta in genere di «chiese di piccole dimensioni, nella zona periferica della città», la cui tipologia più ricorrente è quella «a navata unica».
Addirittura, rimanendo ancora alle chiese, in caso di scenario 1693 «per il 95 per cento il danneggiamento previsto è valutabile come il collasso strutturale dell’edificio (ovvero livelli 4 e 5 di rischioultimo dato riguarda gli ospedali del territorio catanese. Sebbene la situazione generale sia definita come «non particolarmente confortante», soltanto il Vittorio Emanuele viene catalogato tra gli edifici «potenzialmente pericolosi», con una stima da 1,4. Qui però i plessi vengono inseriti in una scala da 0 a 7, dove al numero maggiore corrisponde una migliore performance anti sismica. Tutti gli altri nosocomi etnei, non superano il livello 3.
Ed Il susseguirsi di scosse di terremoto di questi giorni potrebbe essere il preludio ad una importante eruzione dell’Etna. L’attività sismica della Sicilia orientale viene costantemente monitorata dal personale e dalla strumentazione dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Catania, Riteniamo da tutta una serie di dati che possano essere eventi sismici collegati all’attività eruttiva dell’Etna. E’ in atto una fase di ricarica di magma che risale e provoca questi assestamenti. Lo si sa dalla deformazione in atto, dai parametri biochimici, dai rilevamenti satellitari. Non dimentichiamoci che il nostro è il secondo vulcano più attivo al mondo. In particolare questo terremoto è avvenuto in una zona ad alta pericolosità sismica, interessata sia dalla sismicità legata all’attività del vulcano Etna sia da eventi di origine tettonica che possono raggiungere magnitudo elevata, come nel caso del 1818 quando si ebbe un evento di magnitudo pari a 6.3.. ”.
E’ prevedibile, quindi, una ripresa importante dell’attività eruttiva? “E’ solo una questione di tempo. Secondo i nostri studi in questa fase il serbatoio magmatico contiene 50-60 milioni di metri cubi che risaliranno per essere eruttati. Per fare un riferimento: l’eruzione Etna del 2002 di Nicolosi, partita dalle fratture originatesi poco sopra l’area del Rifugio Sapienza, ma con fratture anche a Piano Provenzana, era stimata di 100 milioni di metri cubi di magma, mentre quella del 1992-93 di Zafferana, la più violenta dopo quella storica del 1669, produsse 350 milioni di metri cubi di lava”.
Da una recente intevista rilasciata alla ” Sicilia” dall’ex capo della protezione civile, Franco Barberi, dove oltre a parlare dell’esperienza vissuta nell’eruzione vulcanica dove con gli esplosivi, si riuscì ad evitare il peggio. “Quella però è storia già nota.”
Alla domanda, in caso di eventi sismici di grossa entità a Catania, quale sarebbe il risultato?
Nel caso dei terremoti ci ha spiegato che l’unica prevenzione possibile è costruire edifici antisismici. Ai piedi dell’Etna, c’è una grande città come Catania fatta per circa l’80 per cento di palazzi e case non antisismiche. Come mai si è rimasti così indietro?«Perché la normativa antisismica è stata adottata con grandissimo ritardo.
con grandissimo ritardo. In Italia fino al 1980 la classificazione sismica si faceva soltanto aggiungendo all’elenco delle zone sismiche via via quelle colpite da nuovi terremoti. La prima mappatura risale al terremoto di Messina, dunque solo i luoghi colpiti nell’arco del Novecento era considerati sismici.
Le case costruite prima del 1984, sono sismicamente insicure e ciò significa che i prossimi terremoti, anche a Catania, potrebbero essere una tragedia.
Pertanto ci viene spontaneo ancora una volta denunciare anche lo stato di criticità dei Vvf nell’isola- Catania su tutte- già in un recente passato, in varie testate giornalistiche, non ha fatto altro che confermare la tesi fatta da noi in più occasioni e cioè in Sicilia e, a Catania in particolar modo, la situazione è particolarmente delicata.
Considerati anche gli accadimenti succedutesi in lasso di tempo molto ristretto “Amatrice, Rigopiamo, Ischia, alluvioni e bombe d’acqua catastrofiche- non ultima in queste ore in Sardegna -; dimostrano quanto sia debole l’Italia e le nostre infrastrutture.
– l’USB Vvf, da anni lamenta la pesante carenza di personale. Qual’è invece la situazione catanese? La descriviamo nel dettaglio:
“E ormai nota la cronica carenza di personale operativo vigile del fuoco, che affligge tutte le province della Sicilia ed in particolare quella etnea(128 unità la carenza) che per collegamenti e traffici più agevolati la vede al centro di grossi problemi gestionali del soccorso tecnico urgente. Tale disaggio è stato evidenziato già ampliamente dall’USB, sia a livello nazionale, che in ambito, regionale e locale. Ricordo ai lettori, che Catania è la terza città per numero di interventi pro capite in Italia.
La realtà operativa del Comando di Catania è tra le più complesse d’Italia anche per la presenza di insediamenti industriali di terziario avanzato; di un moderno aeroporto – terzo nel Paese per traffico di passeggeri e merci – di un ambito portuale passeggeri e merci rilevanti”.
– Non basta: c’è anche la realtà del pericolo sisma legato alla specificità del territorio etneo( confermato anche da Franco Barberi). Qual’è lo stato di salute del S.O.T ? Se ci dovesse un sisma come quello che ha colpito il Centro Italia e visti gli eventi che si sono susseguiti nel territorio? che soccorso scatterebbe a Catania……..?!?!?! Il S.O.T è sparito, con tutta la sua attrezzatura, o in disuso o, fuori servizio.
In questi anni, tramite missive al, ministro degli interni, infrastrutture, presidente della regione e sindaco, abbiamo espresso i nostri timori e amarezza, per lo stato di salute di Vigili del fuoco, siciliani e Catanesi soprattutto, vogliamo che Palagonia e Roccalumera, non rimangono Delle incompiute, sarebbero distaccamenti di fondamentale importanza.
Carmelo Barbagallo