Caltagirone, il “Siciliano” approderà tra i banchi di scuola

Tra i banchi delle scuole comunali di Caltagirone approderà ufficialmente il “Siciliano”. L’inserimento della lingua siciliana tra le materie scolastiche.

Tra i banchi delle scuole comunali di Caltagirone approderà ufficialmente il “Siciliano”. Infatti, il Consiglio Comunale dei ragazzi del noto comune isolano, patria di Don Luigi Sturzo, ha approvato, a grande maggioranza, in data 3 marzo 2020, l’inserimento della lingua siciliana tra le materie scolastiche.

Ciò grazie, soprattutto, all’input del baby Assessore all’Istruzione e alla Cultura Federico Perspicace che, spinto dal forte senso di appartenenza e dall’amore per la Sicilia, è riuscito a far approvare all’unanimità l’insegnamento del Siciliano, come lingua madre, in tutte le scuole comunali di Caltagirone. Anche l’Unesco nel 2010 ha riconosciuto alla lingua siciliana lo stato di “lingua madre”. Ciò vuol dire che, tra le lingue italo-meridionali, come il Napoletano, è da considerarsi lingua separata dall’Italiano. Inoltre, come insegna anche la Storia, al tempo di Federico II di Svevia il Siciliano fu vera e propria “Lingua” a tal punto da ereggere, intorno al 1230 ed il 1250, la “Scuola poetica Siciliana”.

Il Siciliano, quindi, è una lingua storica che va oltre il dialetto. Da vita e riscopre un sapere antico, nel contempo vivo. Contiene tracce delle molteplici civiltà che hanno calcato l’Isola e che hanno dato origine anche a quell’affascinante caleidoscopio di cultura popolare. Una lingua che si sposa bene perfino con la letteratura e con l’altissima cultura: infatti, autori di elevato spessore, da Sciascia a Camilleri, utilizzano nelle proprie opere la lingua siciliana.  Il Siciliano è, quindi, un patrimonio culturale da salvaguardare, una lingua a tutti gli effetti.

“È giusto fare studiare il siciliano – dichiara una studentessa di Caltagirone – nelle scuole per far conoscere a noi giovani le nostre radici e riscoprire anche il valore di essere siciliani. Certamente, con l’eccezione siciliano non si intende soltanto l’immagine stereotipata legata al dialetto, all’uomo con la coppola, ma anche ad un uomo con una cultura ben specifica che, via via, però si sta perdendo. Studiare il Siciliano serve a fare comprendere a noi stessi che la nostra è una lingua, qualcosa di unicamente nostro“. Ebbene, l’insegnamento del Siciliano a Caltagirone è finalmente diventato effettivo. Una grande novità che si configura all’interno dell’immaginario collettivo come grande passo verso la valorizzazione di quell’identità storico-culturale locale, nonché regionale.

Alessandro Annaloro

Padre e precario siciliano alle prese con la realtà scrive: “Cara Sicilia non cambierai mai”

Pubblichiamo una lettera amarissima di un padre e precario siciliano che è alle prese con la realtà di tutti i  giorni.

La lettera, risalente al 2010, suscita ancora gli animi e opinioni di chi ad oggi si trova nelle stesse condizioni.

Il padre siciliano si chiama Giuseppe Cangemi. Ha pubblicato e divulgato la sua lettera in rete anche attraverso testate giornalistiche locali e nazionali.

ECCO LA LETTERA IN FORMATO INTEGRALE: 

“Da siciliano dico di amare la mia Sicilia. Ma da essere umano mi domando perché dovrei farlo? Mi chiedo cosa ci sia da amare in una terra in cui la speranza è diventata solo una chimera. Mi chiedo cosa ci sia da amare in un luogo in cui non c’è futuro. Mi chiedo cosa ci sia da amare in una regione in cui il calore umano non esiste più, se non nei luoghi comuni”

“Forse un tempo – continua Giuseppe – la Sicilia era terra accogliente, aperta, curiosa e premurosa verso gli altri e verso i propri concittadini. Oggi è una terra diffidente e opportunista nei confronti di chi viene in visita nelle nostre città. Non siamo in grado di mantenere noi stessi. Non siamo in grado di sfruttare il turismo che potrebbe essere una delle prime fonti di ricchezza. Non siamo in grado di migliorare noi stessi e amarci tanto da portare le nostre città ad un livello veramente europeo. Siamo indietro di anni, rispetto alle strutture estere”.

“I giovani non hanno nessuna opportunità di lavoro, e se qualcuno più coraggioso o intraprendente prova a mettere su un’attività in proprio, deve far fronte al problema del pizzo. La mafia, una forma mentis, più che un’organizzazione. Un modo di pensare, un modo di vivere e di vedere il mondo fin troppo radicato. Devi pagare per non avere problemi. Ho combattuto e ho affrontato tante difficoltà nella convinzione e nella speranza di vedere, un giorno, la mia terra cambiare. Purtroppo non è stato così e forse non lo sarà mai”.

“Cosa vogliamo lasciare ai nostri figli? Vogliamo che anche loro si debbano un giorno scontrare con tutte queste difficoltà, con tutto questo odio, con tutte queste “rinunce”? Vogliamo davvero farli crescere in un luogo in cui non puoi sperare altro che diventare un precario che prima o poi, qualche amministrazione si decida a stabilizzare in cambio di voti?”.

Davvero una lettera forte, commuovente ma, nello stesso tempo, amarissima. Una lettera che di certo, nonostante fosse del 2010, è molto contemporanea.

Morto noto imprenditore siciliano: lutto nel mondo del turismo

Questa mattina a Milano è morto Antonio Mangia, noto imprenditore siciliano del settore turistico e presidente di Aeroviaggi.

Era nato a Geraci Siculo (PA) e aveva 78 anni.

Era stato ricoverato per problemi di cuore in un ospedale lombardo ma dopo alcune complicazioni non ce l’ha fatta.

Mangia si era dedicato al settore alberghiero gestendo in un primo momento alcune strutture.

Lo ricorda anche il sindaco di Sciacca, Francesca Valenti: “Un imprenditore illuminato al quale la Sicilia e la città di Sciacca deve dire soltanto grazie”

Aeroviaggi è una società con sede a Palermo. E’ il primo tour operator per posti letto (quasi diecimila) tra Sicilia e Sardegna.

Foto: Giornale di Sicilia

Giovane siciliano lascia la sua terra e la fidanzata scrive: “Cara Isola, sei riuscita a farne scappare un altro”

Una giovane siciliana, fidanzata, scrive una lettera alla sua terra, la Sicilia.

Il proprio fidanzato è andato via dalla Sicilia in cerca di futuro. Futuro, purtroppo, che l’Isola non riuscirà a dargli e a dare loro.

Dunque, la ragazza ha deciso di dedicare una lettera alla Sicilia: isola tanto amata, odiata.

Si chiama Roberta Delia: una giovane ragazza che, tramite social, ha divulgato una lettera alla Sicilia. In questa lettera si possono rispecchiare centinaia di giovani costretti a fare i bagagli.

Roberta lamenta la fuga di giovani dall’Isola, parlando della fuga appunto del suo fidanzato.

ECCO LA LETTERA IN FORMATO INTEGRALE:

Cara Sicilia, ti scrivo con poco, pochissimo affetto;

Cara Sicilia, sei riuscita a farne scappare via un altro. Il più importante. Prima i miei zii, i miei cugini, poi mio fratello, la mia amica e adesso anche il mio ragazzo. Il mio punto di riferimento vivrà a 1300km da me. Mi piange il cuore per te, Sicilia. Ti assicuro, stai perdendo i migliori: i più onesti, i più sognatori, i più intelligenti, i più coraggiosi, i più lavoratori. Prima di andarsene dicono tutti che sei diventata troppo stretta, troppo sporca, troppo incivile, troppo corrotta: invivibile. Sei invivibile Sicilia, riesci a sentire il giudizio dei tuoi figli?

Lo so, sarai sempre la loro mamma e le ferie trascorse da te sembreranno sempre troppo poche… Ma sai, Sicilia, quando c’è di mezzo il futuro le tue “ricchezze” valgono ben poco.Offri del cibo buonissimo e dolci tra i più gustosi al mondo, che non riescono comunque a rendere meno amaro il magone in gola di chi deve rifarsi una vita altrove, ripartire da zero. Hai un mare immenso, spiagge da favola e panorami mozzafiato, che non riescono comunque a dare un lavoro al mio ragazzo. Quindi, non mi illudo, so che le tue ricchezze non riusciranno a rendere meno triste la sua partenza. Il tuo sole 365 giorni l’anno, i tuoi caffè sempre offerti e l’allegria dei tuoi figli non riusciranno mai e poi mai a rendere meno dolorosa la sua mancanza.

Sono troppo arrabbiata con te Sicilia, li lasci andare via tutti così facilmente. Continuando così resterai sola. Ce ne andremo tutti. Non lamentarti dei troppi immigrati, probabilmente, tra qualche anno, quelle povere anime saranno le uniche disposte a fermarsi da te, oltre ai pochi fortunati che riusciranno ad arrivare alla pensione. Probabilmente, tra non molto, sarai data in pasto a quei quattro imprenditori mafiosi che vogliono comprarti. Probabilmente sarai la casa dei figli di papà, quelli che non hanno bisogno di trovare un lavoro e per questo affermano che non ti lasceranno mai, che loro sono siciliani nel cuore e nel sangue. Anche mio fratello è siciliano nel cuore, anche mio zio è siciliano nel sangue, anche il mio ragazzo non avrebbe mai voluto lasciarti. Non avrebbe mai voluto lasciarmi. Eppure li hai costretti. Eppure senza lavoro non avrebbero mai potuto permettersi le vacanze nel tuo limpidissimo mare. Eppure senza stipendio, senza diritti, senza futuro, con l’amaro in bocca, credimi, i tuoi cannoli non sembrano più così tanto gustosi.

Perché tu lo sai, c’è una cosa che per noi viene sempre prima di tutto: la famiglia. E quando c’è da sacrificarsi per mantenerne o costruirne una, i siciliani sono così forti da riuscire a spezzarsi letteralmente in due: il cuore in Sicilia, la mente e le mani altrove, sul posto di lavoro. Qualsiasi lavoro: operaio, cameriere, cuoco, lavapiatti è comunque più dignitoso di quelli che tu puoi offrirci. E credimi, non importa se si parte per Londra, Milano, Lecco, Berlino, Roma, Bristol; non importa se quel lavoro lo si trovi in Danimarca, Svizzera, Belgio, Piemonte… per noi siciliani si tratterà sempre e solo di “andare al vivere al nord”. Un incubo. Sappi, Sicilia, che si tratterà sempre e solo di lavoro e di denaro, quel lavoro che al nord riesce a farli sentire tutti più dignitosi, più orgogliosi; quel denaro che da te circola nelle mani di troppe poche persone: quelli che non lo meritano, quelli che sfruttano, quelli che hanno ereditato, quelli che non si disperano.

Come faccio a spiegarti il mio stato d’animo, Sicilia? Non posso. Nessuna parola sarebbe mai in grado di spiegare che cosa si prova a vederli partire tutti e sentirsi, ogni volta, un pezzo di cuore in meno.

Con poco, pochissimo affetto, Roberta Delia. Una siciliana qualunque