Rinnovabili e consumi, la disparità tra le regioni italiane.

Energie rinnovabili? E’ un discorso che piace a tutti. Ma quali sono le norme? Come si utilizzano e qual è il dato presente?

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Si parte dal Decreto Legislativo 199, dell’8 novembre 2021 che impone l’obbligo per le nuove costruzioni dal 50% (precedente) al 60%: prima di questo, gli edifici di nuova pianta dovevano rispettare la produzione di circa 1,5 kw di energia (nella fattispecie, per un fabbisogno di circa 3,5kw ad abitazione, ma la stima effettiva era poco al di sopra del 35%). Per il pubblico, invece, la soglia è del 65% minimo.

Malgrado il divario della linea dell’equatore conceda molto più sole al Sud, rispetto ai climi del Centro e del nord-Italia, il sistema unificato della messa in rete dell’energia garantisce ai gestori di mitigare (o “calmierare”, termine da qualche anno entrato nella discussione) tutte le bollette. Chi agisce in tutela del consumatore, in primis, è l’ARERA, stabilendo i criteri del costo dell’energia e questo anche in base alla fonti rinnovabili.

Obbligo di legge, le aziende che producono energia devono indicarlo anche rispondendo ad un questionario Istat, oltre a comunicare all’Authority le rispettive quantità, come vengono prodotte e in che misura vengono immesse nel mercato.

Produzione materia energia e bollette.

Negli ultimi 15 anni, il consumo di energia elettrica rilevato al consumo residenziale è diminuito di oltre 2milioni di terajoule: l’introduzione di decreti per la produzione minima dei nuovi edifici, la svolta green che ha convinto molte persone ad assicurarsi almeno l’acqua calda in casa coi pannelli fotovoltaici, hanno portato i consumi della materia energia a scendere drasticamente. I consumi relativi alle rinnovabili, infatti, nello stesso arco di tempo sono più che raddoppiati.

I prezzi, però, hanno toccato punti discordanti nel tempo, nell’altalena delle bollette, decretando da un lato la fine dei contratti a mercato tutelato, non più convenienti e dando inizio ad una concorrenza spietata del mercato libero, dove però è l’Enel e alcune partecipate, come l’Acea, ad avere la fetta più grande di clienti, con tariffe leggermente più alte dei concorrenti, totalmente privati.

Il sole del Sud è allettante, ma non per tutti.

Gli investitori nel fotovoltaico continuano ad accaparrarsi terreni, in tutto lo stivale. Ma se, per logica, converrebbe tappezzare tutto il sud italiano di pannelli solari, per questioni di clima, vicinanza con l’equatore ed ore di luce giornaliere, non avviene così di frequente. Alcune aziende del centro-nord, ad esempio, scartano a priori gli investimenti su Calabria e Sicilia, demotivando i proprietari terrieri ad affittare i propri lotti per la produzione di energia. Altri, invece, come l’Enel e imprenditori più coraggiosi, sembrano riuscire, specialmente in Sicilia, proprio laddove sarebbero saltate molte trattative, per motivi che variano dalla criminalità organizzata all’incongruenza dei terreni proposti, rispetto a quanto stimato in partenza. Un vero peccato.

Nella tabella Istat, infatti, possiamo notare come la Sicilia non riesce a rispettare il tetto di stima, nonostante sia la regione più favorita per la svolta green, mentre la Basilicata riesce a sfilare tra le regioni più virtuose, come la Val d’Aosta o il Trentino, terribilmente sfavorite dal clima. Come se, in questo senso, la criminalità sul territorio girerebbe come un compasso per localizzare le aree appetibili (e non) alle imprese che investono, senza voler correre ulteriori rischi.

E resta anche il fatto che Sicilia (al quindicesimo posto), Calabria (sesto), Basilicata (terzo) e Puglia (ottavo), in circostanze ambientali decisamente migliori, avrebbero il diritto di assicurarsi i primi posti della classifica.

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