Nuovo blitz antimafia a Palermo, boss arrestato: “Lo statuto di cosa nostra è scritto”

I carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo hanno arrestato sette persone con le accuse di associazione mafiosa ed estorsione aggravata. Il blitz ha colpito ancora una volta la famiglia mafiosa di Rocca Mezzomorreale, nel Palermitano, e i suoi vertici, già condannati in via definitiva e tornati in libertà dopo aver scontato la pena.

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Gli arrestati sono: Pietro, Gioacchino e Angelo Badagliacca, Marco Zappulla e Pasquale Saitta. Ai domiciliari sono andati Michele Saitta e Antonino Anello. L’operazione, condotta tra Riesi, nel Nisseno, e Rimini, ha consentito di smantellare la famiglia mafiosa, considerata una “costola” del mandamento palermitano di Pagliarelli, ed ha confermato, ancora una volta, le storiche figure di vertice, già in passato protagoniste di episodi rilevanti per cosa nostra, come la gestione del viaggio a Marsiglia del boss Bernardo Provenzano per sottoporsi a cure mediche o la tenuta dei contatti con il padrino trapanese Matteo Messina Denaro, arrestato dopo una latitanza durata trent’anni.

C’è lo statuto scritto … che hanno scritto i padri costituenti“: così afferma uno dei boss arrestati, non sapendo di essere intercettato. Una rivelazione che i magistrati ritengono fondamentale e che conferma l’osservanza da parte dei capimafia di regole rigide, una sorta di “costituzione” della mafia.
Dalle intercettazioni emergono critiche da parte dei capimafia arrestati oggi nei confronti di Totò Riina: “Niente cose infami, ma perché pure tutte queste bombe tutti questi giudici, tutti questi … ma che cosa sono?“, dice uno degli indagati. “Tutte cose sono finite“, conclude ricordando che in passato “c’erano buoni rapporti con gli organi dello Stato. Non si toccavano, non si toccavano“. “Anzi li allisciavano“, dice l’interlocutore.

Dopo l’arresto di un Messina Denaro ormai finito, incapace di continuare a guidare cosa nostra, queste intercettazioni provocano ulteriore sconforto: sono tanti, sono troppi, sono ovunque e soprattutto non sono sprovveduti, cosa nostra non è una semplice organizzazione mafiosa, è un’istituzione, che troppo spesso uomini e donne dello Stato non combattono, ma con cui convivono.

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