Lady Oscar, personaggio immortale tanto amato

Tra i personaggi dell’animazione giapponese che godono di un successo duraturo sin dalla prima  apparizione troviamo Lady Oscar. Nato da un manga (fumetto) di successo di Riyoko Ikeda nel 1972 che si ispira alla biografia ‘Maria Antonietta’ di Stefan Zweig, diventa un musical con la compagnia teatrale femminile ‘Takarazuka Revue’ solo due anni dopo e la definitiva consacrazione arriva con la serie animata del 1979 che la fa conoscere al mondo intero. La serie, diretta dai registi Tadao Nagahama e Osamu Dezaki con i direttori dell’animazione Shingo Araki e Michi Imeno e la colonna sonora di Koji Makaino, rappresenta un capolavoro dell’animazione che mette in scena un dramma umano e l’evoluzione interiore dei sentimenti di una donna inserita in una cornice storica importante. “Lady Oscar – il vento della rivoluzione, saggi e prospettive critiche” (edizioni Weirdbook, 540 pag.) è un testo di Laura Luzi che fa un’indagine accurata su un personaggio tanto amato, con un’analisi del suo arrivo in Italia nel 1982, la disamina della sua realizzazione in Giappone con un ritratto approfondito sui singoli artisti che vi lavorarono con grande cura, analisi sulla sceneggiatura e alcune interviste ad esperti.

Abbiamo sentito l’autrice che vive ad Ascoli Piceno per sapere come è nato il suo interesse per Lady Oscar.

Grazie per avermi proposto l’intervista.  Che posso dire ? Sono stata una bambina appassionata di danza classica, che ho iniziato a tre anni, e di disegno e lettura. Parlando da persona che disegna, non mi piacevano i cartoni che si vedevano in tv, finché mia madre non mi ha indirizzato ad Atlas Ufo Robot, che ha soddisfatto in pieno quello che cercavo in una storia disegnata. Personaggi belli, profondi, interessanti, un plot avvincente e orizzontale, quindi con una narrazione che continuava lungo gli episodi, musiche coinvolgenti. Il doppiaggio di Malaspina. Quello è stato l’inizio. Poi mi sono piaciuti moltissimo Capitan Harlock, con le mazoniane così affascinanti, mi piacevano I-Zenborg, Ken Falco. Di molti cartoni avevo i dischi, ma, per la scarsa copertura delle emittenti, non ho quasi visto la serie. Che peccato… Lady Oscar è arrivata quattro anni dopo Goldrake e mi ha colpito ancora di più. Quando coi miei viaggiavo, anche all’estero, cercavo sempre qualcosa di questi personaggi. Una compagna di classe mi regalò una bustina delle figurine francesi di Candy, era bellissima e ce l’ho ancora.

La mia vita, in quegli anni, è molto cambiata. Quando mio nonno stava bene, io sentivo di avere una protezione. Quando nonno si è ammalato, tutto il castello è crollato, pezzo dopo pezzo. Il fratello di nonna, che abitava vicino, veniva a trovarlo tutte le mattine. L’altro fratello di nonna, il sabato. Nonno mi risentiva geometria, era bravissimo in matematica. Nonna per me era un affetto totalizzante. Mi raccontava un sacco di cose, della sua infanzia, dei bombardamenti. Ho un ricordo preciso. Natale 1987, il pomeriggio del 24 dicembre nonna torna in ambulanza, con mamma, da Bologna. Per problemi circolatori presenti da quasi un anno e non riconosciuti prima dal medico di famiglia, le hanno amputato una gamba. I Natali precedenti, tutti i fratelli di nonna venivano a giocare a tombola da noi. Poi, da lì, è sparito tutto. Nonna è morta poco dopo. A mia nonna ero legata. Ero forse l’unica persona per cui usciva di casa, per portarmi a danza. L’avevo costretta a leggere il manga di Lady Oscar Fabbri, i romanzi, poi, la biografia di Stefan Zweig, una copia anche per sua sorella madre generale per due volte delle Suore Concezioniste. Nonna, forse perché era orfana di guerra, forse perché si era ritrovata col marito, anche lui orfano doppio di guerra – non sarebbe dovuto partire – prigioniero di guerra per sette anni e una bambina e un lavoro, era di idee aperte, leggeva tantissimo. rimproverava le sue allieve perché leggevano i fotoromanzi, aveva i dischi di Renato Zero. O, forse, mi voleva solo bene e sopportava quasi tutto da me.

Non sono stati momenti facili, eppure, con tutte le tristezze, ricordo le bancarelle dei libri a San Benedetto, l’estate, al mare, quando, dopo cena, uscivo con mamma, e un senso di nostalgia che, già allora, non mi abbandonava. Mamma mi ha iniziato ai libri. Mi comprava quelli dei programmi tv, ma mi passava anche i suoi e mi parlava e raccontava e spesso studiava con me. Il primo romanzo fu ‘Orgoglio e pregiudizio’, una copia tutta per me. Poi ‘Bel Ami’, ‘Anna Karenina’ ce l’ho nell’edizione Oscar Mondadori che avevano letto nonna e lei, e il box coi due volumi ha le finestrelle che aprii io, per giocare. Una vandala. Nel frattempo, saccheggiavo la biblioteca in casa e, d’estate, al mare, quella dei gialli di mia madre e dei Topolini storici. Mio padre, a Roma, mi comprava i dischi delle sigle dei cartoni che da noi non si trovavano.

A scuola non ho mai nascosto che mi piacevano i cartoni. Alle superiori, durante l’intervallo o le assemblee, disegnavo. Ho rischiato di fare tardi all’orale della maturità perché stavo guardando un cartone animato. Venne a recuperarmi un compagno di classe di mio fratello. L’estate della maturità la ricordo come una delle più tristi, a parte quella della malattia di mio nonno. Vivevo in una sensazione di ineluttabilità. Mi sentivo in prigione. Disegnavo moltissimo Capitan Harlock, un fumetto e illustrazioni, scrivevo racconti. Io volevo studiare disegno, ma i miei dicevano che non ero adatta e mi hanno caricato di peso e iscritto a Giurisprudenza, perché volevano lavorassi nello studio di mio padre. Me la sono fatta piacere, ma non sono stati bei momenti. Spesso ero sola, e cercavo di motivarmi con un ricordo, una frase, ascoltando Guccini. Non avevo mollato il disegno. Mia madre, vedendo che andavo bene, mi aveva iscritto a un corso con un suo collega, che non si dava affatto arie, invece era un pittore famoso, che era stato allievo di Guttuso. Anni dopo, mi disse che ero stata l’allieva più brava che aveva avuto. È che era qualcosa di connaturato, a cui, poi, ho aggiunto lo studio. Per fortuna, ad un certo punto, sono incappata in Storia del diritto, e ho deciso che sarebbe stata la materia di laurea. Non è stato semplice. Per assegnare due o tre tesi, dovemmo metterci in lista, fummo scrutinati in duecento, ci assegnarono un testo da studiare, nel mio caso Brian P. Levack, sulla stregoneria. Era una materia bellissima, ho ancora la comunicazione che arrivò a casa di quando mi assegnarono la tesi. Ne ero molto orgogliosa. Essendo tesista, avrei potuto avere una parte di programma di esame scontato, invece lo portai tutto e scoprirono in sede di commissione, a esame finito, che ero una loro tesista. Poi ho fatto il dottorato, sempre in Storia del diritto. Nel frattempo, ho fatto pratica legale e sono diventata avvocato, arrivai seconda nella mia regione.

Nel frattempo, però, non avevo abbandonato il disegno e coltivavo la mia passione per Lady Oscar. Da inizio anni Novanta, ero iscritta allo Japanime Club di Lissone, compravo da lì cose su Lady Oscar e altre me le recuperava il mio ragazzo, ora mio marito, che frequentava il Politecnico, a Milano, da Yamato, Nipponya, La borsa del fumetto. Erano le fanzine Yamato, gli anime comics, ‘Eroica’ in giapponese, artbook, le traduzioni americane di ‘Black Jack’ e altri manga. Gli approfondimenti di Prandoni sulle fanzine Yamato erano preziosi. Poi, compravo i vari Mangazine, la prima edizione completa per Granata del manga di Oscar. Dal 1996-7 seguivo il fandom americano su Lady Oscar. Quello che usciva me lo procuravo via mail o per telefono, ma sono anche stati anni dolorosi e difficili, a livello personale, per cui alcune cose le ho saltate in quel periodo. Nel 1998, a novembre, morì il padre del mio ragazzo. Gli volevo molto bene. La nostra vita è molto cambiata, da allora. Nel 1999 c’era un call for paper per un disegnatore, per una doujinshi (un fumetto amatoriale) su Lady Oscar. Cercavano, così mi spiegarono, qualcuno per sostituire chi lo disegnava, che desiderava lasciare il progetto. Iniziai quindi anche a collaborare con la rivista che pubblicava la doujinshi, ma non venivo accreditata. Facevo traduzioni dall’inglese di articoli sui cartoni e fornivo le immagini dei manga per gli articoli, ma il mio nome non compariva. A fine 1999 i miei disegni iniziarono a circolare su due siti giapponesi, Micio Ando’s page e Mamaka’s livedoor, e su uno americano, Narumi’s Notebook. La cosa non fu presa bene, in Italia, ma io pensavo di meritare spazio. Aprii a marzo 2000 un mio sito, con i miei disegni, poi, via via, i miei testi, radunando attorno a me persone i cui testi mi sembravano validi, revisionandoli, se era il caso. Il Laura’s Little Corner è nato così ed è stato molto seguito, adesso più nella forma del blog, sfornando l’elenco delle censure dell’edizione 2000, saggi sul film live di Demy, articoli di approfondimento. Il tempo ha dimostrato che ho avuto ragione a insistere. Ho trovato una bella accoglienza su una multi-mailing list straniera, a inizio anni Duemila, e lì ho potuto conoscere altre fan dal mondo, instaurando legami che durano ancora oggi. In Giappone molti non apprezzano l’anime di Nagahama-Dezaki, e, nei decenni scorsi, le fan di questo sono state bullizzate (termine che all’epoca non esisteva) dalle fan del manga. Questo ritrovarci in questa mailing list, come dire, di esuli poco accetti dal resto del fandom, ha consentito a tutte noi un arricchimento, perché ci siamo ritrovate in un crocevia di punti di vista e di culture diverse, e, insieme, era un conforto poter parlare di qualcosa che ci appassionava in un ambiente non ostile, apprendendo l’una dall’altra. Ho anche scritto, approfondendo moltissimo a livello storico, per uno speciale su Lady Oscar pubblicato nel 2003, la Cronologia, la cui versione integrale sta nel mio libro, e Ikeda-Nagahama-Dezaki. Andando avanti, mentre scrivevo saggi di Storia del diritto, ho ideato, scritto e disegnato altre iniziative, come doujinshi, Calendar, sempre su Oscar, nel frattempo realizzando per conto mio un racconto illustrato e un artbook, e poi un’altra doujinshi, che vorrei completare presto, assieme a un nuovo artbook. Il tutto, mentre scrivevo testi e saggi per il sito e il blog, che comunque mi prendevano tempo, non essendo generalisti. Questi impegni, per forza di cose, ho dovuto rallentarli, lavorando al libro.

Per quali motivazioni ha scritto il libro ?

Innanzitutto, lavorando al sito e al blog, capitava che scrivessi articoli di approfondimento che mi richiedevano ricerche, da cui traspariva una certa propensione alla ricerca, forse anche per i miei trascorsi universitari di saggi di Storia del diritto. Uno dei problemi del sito e del blog è che vengono copiati, senza citarli. C’è questo malcostume di non citare le fonti, di appropriarsi dei risultati altrui, mentre io trovo sia un atto doveroso citarle, anche per dimostrare la serietà della ricerca fatta, eppure, la gente preferisce mettere il proprio nome e fatica a riconoscere il merito e il lavoro altrui. Ci sono inferenze e ragionamenti che sono miei, peculiari, dal libro, notizie che arrivano da mie ricerche, dati prima non conosciuti, e si ritrovano così, spuri. La Cronologia che scrissi nel 2003 è finita dentro un altro libro.

Ad un certo punto, le persone si rivolgevano a me per informazioni, consultavano il sito e il blog, e io mi chiedevo se aveva ancora senso da un lato produrre contenuti validi, ma che sarebbero finiti a nome altrui, quindi per un periodo ho evitato di pubblicare approfondimenti, ho dovuto mettere off-line delle pagine, perché, nella foga del quarantennale italiano, spuntavano autori e siti come funghi, pronti ad approfittare della circostanza, e mi erano state rubate immagini e dati; dall’altro, quello che provavo significava che era arrivato, per me stessa, il momento di finalizzare tutto questo lavoro. Finalizzare non rende l’idea. Era arrivato il momento di lavorare, per dare un senso al tutto. E lavorare duro. Sono andata molto oltre il sito. Non ho preso il sito e il blog e li ho riversati in un file. Ci sono solo alcuni contenuti che arrivano da lì, ma la ricerca è andata molto oltre e molto più approfondita. È stato un lavoro immane, ma che risponde a domande che mi ponevo io per prima. Spero di esserci riuscita. La ricerca comunque non finisce. Le domande non sono esaurite.

Cosa rappresenta la figura di Lady Oscar e perché viene tanto amata da più generazioni ?

Cosa rappresenti Lady Oscar per gli appassionati non lo saprei dire, perché, parlando e leggendo, mi rendo conto che ognuno di loro ci vede qualcosa di diverso, e, a volte, neanche tanto in linea con i fatti raccontati dalla storia. Gli stessi registi e sceneggiatori sono andati oltre, rispetto al manga, e questo è molto interessante e ha consentito a uno shōjo (fumetto per ragazze) di oltrepassare i confini del genere e del Giappone. Quello che intendo è che Oscar non è Candy, e lo scrivo a ragion veduta, perché Candy, anche nel manga, mostra certe propensioni e speranze che Oscar non esprime affatto. Oscar esprime il suo essere donna con la sua sensibilità in un mestiere prettamente maschile e in uno scorcio storico solo embrionale (gli albori della Rivoluzione) ma molto concreto. Questi sono i dati, mentre spesso tra i fan, forse quelli più attratti dal mero effetto nostalgia (o meno edotti), si fa accenno al lato solo romance o solo erotico della storia. La moda di alcune nuove generazioni pare quella transgender, che io non vedo, onestamente, anche perché la Ikeda è stata, finora, ben chiara in tema e rileggere le interviste che ha rilasciato è sempre utile. Nel libro le riporto, citando le fonti. Per essere chiara: nel descrivere Oscar, ho citato la Ikeda.

Io la vedo in modo molto personale e, negli anni, il modo di vederla e apprezzarla è anche cambiato. Se sono partita da una fascinazione immersiva per i disegni, la storia, i personaggi (nel libro racconto il mio primo impatto con le immagini pubblicitarie e tutto quello che mi suscitarono), poi sono passata a un apprezzamento più complessivo, come opera corale, sia a livello di personaggi, sia di musica, sia di scelte registiche e narrative. Scrivendo il libro, studiando e ricercando per scriverlo, confrontandomi con le testimonianze di chi aveva lavorato al cartone, il punto di vista è cambiato ancora e l’apprezzamento è per personaggi a cui sono legata, ma anche, tanto, con più consapevolezza, per un pezzo di storia dell’animazione giapponese, per un pezzo di storia dell’Italia televisiva ed editoriale di quegli anni, di grandissima curiosità, di professionalità, perché, per fortuna, chi si trovò Lady Oscar per le mani, la trattò, più che come cosa da bambini, da prodotto e da signor prodotto.

Io penso che Oscar sia amata come personaggio, che lo sia André, perché sono molto ben scritti e raccontati. Penso che, grazie al nostro sito Laura’s Little Corner e al lavoro di rigenerazione (nel libro scrivo così) operato da Dezaki, anche Alain sia diventato un personaggio amato. Perché è apprezzata Oscar ? Perché ti tiene il cuore in gola per una scena come quella finale dell’episodio 36, dell’addio tra Oscar e la regina, con musiche meravigliose e inquadrature minimaliste (nel libro spiego perché), e però c’è tutto il rigore storico degli sceneggiatori, del consulente letterario, dei due registi, che non volevano raccontare uno shōjo, ma sapevano di avere a che fare con la Storia.

Riferimenti online

Sito web https://digilander.libero.it/la2ladyoscar/Index.html

Blog lauraslittlecorner | about Lady Oscar fanfics, fanarts, essays (wordpress.com)

IG Laura Luzi (@lauraluzi3563) • Foto e video di Instagram

Facebook https://www.facebook.com/laura.luzi.33

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