Facendo riferimento alle tabelle OCSE pil istruzione servizi, quest’anno il Sud ha dovuto rinunciare a 263mila laureati, non potendo trovare loro una occupazione.
Ogni anno circa 50.000 giovani, in gran parte laureati, abbandonano la Sicilia, ritenendola una terra senza futuro. Secondo i dati dell’Istat, infatti, nel 2021 si sono cancellati dall’anagrafe 91.274 siciliani, di cui 50.540 under 40.
E non hanno tutti i torti. Le principali cause di questa fuga dalla Sicilia sono, appunto, i contratti irregolari e il lavoro discontinuo, precario e sottopagato, spesso con ore extra da svolgere gratis o straordinari che non transitano dalla busta paga.
Sono una miriade i ragazzi che provano a realizzarsi senza trovare sbocchi, molto spesso dopo essersi formati in Sicilia, spopolando le grandi città, come Palermo, Catania e Messina e scegliendo come meta per il loro futuro o il Nord di Italia o l’estero.
Proprio a causa di queste emigrazioni, la Sicilia perde il futuro, con ripercussioni negative sull’economia e sullo sviluppo.
Chi resta in Sicilia, poi, prova a creare delle startup, società di capitali costituite da non più di 5 anni con residenza in Italia o con sede produttiva o filiale in Italia, oppure trova lavori molto spesso con contratti irregolari o sottopagati.
Insomma, la disoccupazione in Sicilia è aumentata a dismisura, con circa 350 mila disoccupati e 550 mila soggetti inattivi, e le conseguenze sono notevoli, soprattutto con delle ripercussioni sul sostentamento delle famiglie.
Queste sono le condizioni della Sicilia, la quale, nonostante i numerosi progetti che mirano ad aiutare i giovani come “Resto al Sud”, un finanziamento a fondo perduto per incentivare la creazione di nuove aziende (startup) nel Sud e nel Centro Italia, perde sempre più potenziali lavoratori, a causa delle scarse opportunità lavorative che la nostra stessa isola offre.
VG