La saggezza del Giappone per imparare ad essere felici

La saggezza del Giappone per imparare ad essere felici

 

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La Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori ha da poco pubblicato ‘Per vivere la vita che non scorre due volte – sempre, dovunque, con tutte le proprie energie’, un libro di Nanrei Yokota e  Hidesaburō Kagiyama che riporta il pensiero orientale sul senso della vita.

Ce ne parla il traduttore e curatore Rosario Manisera, un esperto che si occupa di Giappone da 40 anni (originario della provincia di Sorrento, vive a Brescia con sua moglie giapponese e nel 2000 ha fondato l’associazione culturale Fuji che promuove il dialogo tra Italia e Giappone. Per il suo impegno 3 anni fa l’associazione Fuji ha avuto un pubblico riconoscimento dal governo giapponese e Rosario Manisera ha ricevuto la decorazione dell’Ordine del Sol Levante).

“L’associazione Fuji da 20 anni è un ponte tra Italia e Giappone, anche attraverso varie pubblicazioni sulla cultura tradizionale e il management: questo libro diventa una lezione per ciascuno di noi, per le aziende e la società nel suo insieme.

Nanrei Yokota è il responsabile del famoso monastero-tempio zen Engakuji che si trova non lontano da Kyoto, mentre Hidesaburo Kagiyama è un imprenditore anziano che ha dato origine al movimento Sojido (via della pulizia), sia nell’ambito delle aziende che nella società, soprattutto le scuole. E’ importante avere degli elementi di conoscenza sul buddismo, una delle grandi religioni universali nata dalla pratica ascetica di Siddharta Gotama nel V secolo a.C. in India, che si fonda sulle quattro nobili verità: dolore, origine del dolore, cessazione del dolore e via che porta alla cessazione del dolore. La sofferenza si può eliminare attraverso l’ottuplice sentiero (retta visione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retto modo di vivere, retto sforzo, retta presenza mentale, retta concentrazione). Il buddismo si basa molto sull’agire morale degli esseri viventi e l’etica diventa importante (costruita su 10 precetti, 5 dei quali appartengono a tutti i fedeli buddisti: l’astenersi dal nuocere agli altri, dal rubare, dall’erronea condotta sessuale, dall’uso dell’eloquio volgare e offensivo, dall’alcool e le sostanze che alterano la lucidità mentale). Lo zen significa contemplazione e meditazione ed è una pratica che si distingue per l’antidogmatismo. Secondo un’espressione tipica lo zen serve a risolvere il grande affare della vita e della morte. Esistono in Giappone due scuole principali: la scuola Rinzai a cui appartiene Yokota (si basa sull’illuminazione improvvisa a cui si può arrivare attraverso la meditazione seduta) e la scuola Soto (l’illuminazione non è improvvisa ma arriva con una meditazione profonda). In entrambe le scuole il maestro ha un ruolo fondamentale per giudicare se l’allievo è arrivato all’illuminazione. Bisogna sottolineare l’importanza dello Zen – seguito in passato dai samurai – per la cultura giapponese (pittura, poesia, teatro, arte della spada, architettura, giardini, amore per la natura, semplicità, concetto di salvezza all’interno della vita quotidiana).

Kagiyama ha svolto tutta la sua carriera nel mondo del business e ha fondato un’azienda di grande successo. Nel libro i due autori dialogano in occasione di 5 incontri; i messaggi derivano dalla vita concreta dei due personaggi e dalle persone che hanno conosciuto nella loro vita. Nei grandi interrogativi della vita bisogna dare una risposta personale e serve un impegno personale che porta con sé la responsabilità, anche se ci sono persone che possono aiutarci per trovare queste risposte. Prima bisogna migliorare se stessi e la felicità va cercata e realizzata soprattutto nei rapporti con gli altri (i genitori, famiglia, amici, colleghi di lavoro). Se per Yokota bisogna scoprire quale sia la propria missione nella vita e serve avere delle virtù per essere una persona matura, per Kagiyama non bisogna cercare risultati immediati nella vita ma guardare a lungo termine. Anche se non abbiamo risposte per tutto ciò che accade nella vita, bisogna avere della benevolenza e amare la vita.

Due termini ricorrono spesso: zazen (meditazione seduta con la creazione del silenzio e vuoto intorno a sè che serve a scoprire la vera umanità dentro di noi e i suoi effetti – come anche per la preghiera – sono maggiore consapevolezza, illuminazione, cuore misericordioso, tranquillita dell’anima) e pulizia (accresce la nostra sensibilità, va fatta con perfezione e aiuta a creare un clima diverso nell’ambiente dove viviamo). Esiste la felicità del ricevere, la felicità frutto di un impegno personale, ma la felicità più grande è quella di dare qualcosa e se stessi agli altri. Bisogna conservare la calma e saper perdonare. Kagiyama dà anche dei consigli su come diventare leader nella società: bisogna essere umili, essere utile agli altri ed empatici per suscitare fiducia, si deve ‘mostrare la schiena’ perché il leader precede gli altri e deve anche saper elogiare i meriti altrui (con la pulizia si fa cambiare la mentalità alle persone). L’incentivo economico non porta la soddisfazione.

La vita è come una corsa a staffetta: si prende il bastone da chi ci ha preceduto, si percorre un tratto di strada e dopo si passa il bastone agli altri ed è il momento della morte, morte che non ci deve spaventare ma va vista con serenità. Dalle esperienze di vita del giovane Yokota e dell’anziano Kagiyama apprendiamo delle lezioni di vita e il messaggio più importante è che bisogna essere utili alla felicità degli altri perché solo così otteniamo la nostra felicità”.

(Una versione più breve è pubblicata sul mensile ‘I Fatti-Prima Stampa’ di settembre)

 

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