La memoria della bomba atomica per le giovani generazioni

Educare alla pace è un percorso che inizia in tenera età e oggi è necessario che i bambini riflettano sull’importanza di vivere e fare pace, condannando ogni forma di guerra. Ispirandosi alla storia del ‘Kaki Tree Project’, un’associazione nata in Giappone nel 1996 con lo scopo di diffondere nel mondo piantine di kaki, figlie di seconda generazione di un kaki colpito dalla bomba atomica di Nagasaki, l’autrice Chiara Bazzoli ha scritto “C’è un albero in Giappone” (edizioni Sonda), un libro per bambini di 64 pagine impreziosito dai disegni di AntonGionata Ferrari. Protagonista della storia è un albero di kaki che presenta la vita della sua bella famiglia adottiva, un racconto tenero che invia al lettore un messaggio di pace e di speranza nell’umanità.

Come nasce il libro ?

Ferrari: “Illustrare il testo di Chiara è stata una bella sfida; interpretare la  delicatezza e la poesia di questa storia drammaticamente vera non è stato semplice e ha richiesto molte prove per trovare un equilibrio fra le immagini, immagini che fossero emozionanti senza essere troppo didascaliche e scontate. E’ stato importante scegliere colori che accompagnassero gli stati d’animo dei protagonisti, dove la serenità, la gioia, la condivisione dei sentimenti familiari, si alternano al dramma, al dolore, alla morte. Non sono un esperto di iconografia giapponese, ma mi ha sempre affascinato il segno essenziale, la pennellata semplice ma intensa, carica di gestualità che richiama un certo tipo di illustrazione orientale. Da qui la scelta di far interagire china e acquerello, collage e colore digitale in un continuo alternarsi e fondersi per sottolineare i momenti ora sereni ora tragici della storia…spero di esserci riuscito”.

Bazzoli: “E’ nato da da più incontri, prima con Pierluigi e Adriano che facevano parte del Kaki Tree Project, poi nel 2014 con un albero di kaki che si trova non lontano da casa mia, nel giardino del Museo Santa Giulia di Brescia. Una storia terribile quella dell’atomica, di enorme dolore, ma il kaki ce l’ha fatta, è ancora presente e continua a dare frutti. La voce narrante è il kaki che vede più generazioni della stessa famiglia crescere, invecchiare, morire, sopravvivere accanto a lui, è una storia di morte e rinascita. Credo nel fatto che le piante siano sapienti ma noi non riusciamo a capirle…far parlare la pianta non è stato poi facile, ho impiegato tanti anni per scrivere il racconto. Le illustrazioni di Ferrari sono bellissime perché hanno una vitalità intrinseca e raccontano la storia con delicatezza”.

Dal 2012 il progetto kaki è presente in Sicilia grazie all’associazione Servizio Civile Internazionale.

Se il fumetto parla della realtà e l’autore narra la storia attraverso un racconto autobiografico, allora possiamo trovarci di fronte a una vera opera d’arte. Un plauso alla Hikari edizioni per la pubblicazione di “Gen di Hiroshima” nell’edizione originale in dieci volumi. Pubblicato nel 1973, il manga racconta la storia di Gen Nakaoka, un personaggio parzialmente ispirato alla vicenda biografica dell’autore Keiji Nakazawa scomparso nel 2012 (egli aveva sei anni quando l’atomica sganciata su Hiroshima gli portò via il padre, due sorelle e un fratello). Il manga ha venduto in questi decenni più di 10 milioni di copie ed è stato tradotto in molte lingue (più volte la storia è stata portata al cinema e in tv). Da alcuni anni l’Hiroshima City Board of Education ha inserito il manga nei curricula scolastici riservati agli studenti del terzo anno delle elementari, nell’ambito del proprio ‘Programma di Educazione alla Pace’.

Chiedo a Marcella Mariotti, docente di lingua giapponese all’università Ca’ Foscari di Venezia che ha curato la traduzione, quale sia il significato e l’importanza di ‘Gen di Hiroshima’ nella cultura giapponese.

“E’ stato fondamentale per ‘sdoganare’ i manga da lettura ‘leggera’ a lettura ‘impegnata’ che possono anche veicolare contenuti di importanza storica, tanto da farli entrare nelle biblioteche scolastiche e metterli finalmente a disposizione di tutti. E’ stato un lavoro molto lungo e difficile ma altrettanto entusiasmante per la responsabilità di tradurre un’opera tanto fondamentale per la costruzione di un mondo pacifico e la formazione di una consapevolezza anche fra i più giovani dei danni che la guerra può portare. Credo che la traduzione italiana di Gen, nella sua edizione attuale, sia davvero una pietra miliare per le nostre coscienze, e ringrazio la Japan Foundation per averne supportato la traduzione e la pubblicazione!”.

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