WeeKinKiesta femminicidi: Sicilia, il Bilancio che Non Vogliamo Contare

Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il tragico elenco delle vittime siciliane nell’anno in corso. Dal sacrificio delle sorelle Mirabal alla persistente emergenza sociale: quando le mura domestiche diventano una trappola mortale

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Di Luna Nicosia. Delia Zarniscu, Maria Rus, Maria Cirafici, Antonella Salamone, Maria Benfante, Sameh Zaouali, Mariam Sassi, Francesca Ferrigno: questi i nomi in ordine cronologico delle donne vittime di femminicidio in Sicilia solo nel 2024. A queste se ne aggiungono innumerevoli altre che hanno subito abusi e violenze, molte delle quali rimaste nell’ombra.

Il 25 novembre 1960, con l’uccisione a Santo Domingo di Patria,Minerva e Marfa Teresa Mirabal da parte degli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, nasce la lotta contro la violenza sulle donne, vittime da secoli di umiliazioni e violenze da parte di una società fondata sul patriarcato. Successivamente , questo giorno ne divenne il simbolo con la costituzione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Tuttavia, nonostante i progressi sociali e la crescente consapevolezza, la sensibilizzazione e la lotta contro la violenza di genere non sono ancora sufficienti, soprattutto in Sicilia, dove il femminicidio trova facilmente spazio nella cultura maschilista e retrograda, in cui le autorità sono prevalentemente maschili e le capacità femminili vengono spesso sminuite.

La dimostrazione di una realtà allarmante sono le tragiche storie delle donne sopracitate, che hanno perso la vita nell’arco di otto mesi, picchiate, accoltellate, torturate, bruciate e uccise per motivi inaccettabili: aver rifiutato delle avance, come Delia Zarniscu e Maria Rus, per la “percezione di energie demoniache” come Antonella Salamone o per la mancanza di aiuto nell’acquisto di droga come Francesca Ferrigno. In molti casi, a compiere questi atti sono stati familiari, mariti, compagni o persone che avrebbero dovuto essere un rifugio, fonte di protezione e supporto. Questo è un triste riflesso di una società in cui le relazioni più intime possono diventare i luoghi più pericolosi.

È quindi fondamentale un costante impegno collettivo da parte della società civile, delle istituzioni e delle forze dell’ordine per interrompere il crescente elenco di femminicidi. È necessario promuovere educazione e consapevolezza, coinvolgendo le comunità nel riconoscere e affrontare la violenza di genere con solidarietà. Non possiamo permettere che una società che si proclama progressista continui a giustificare o minimizzare la violenza di genere. Dobbiamo chiedere maggiore giustizia e lavorare insieme rinnegando qualsiasi forma di violenza sia fisica che psicologica, non solo il 25 novembre o durante gli orange day, ma ogni giorno, affinché le donne possano vivere senza paura, sentendosi realmente libere e al sicuro.

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