WeekinKiesta Femminicidi: Onorevole Evi (PD) “Serve un cambiamento culturale profondo per combattere la violenza di genere”

In un’intervista esclusiva per Prima Stampa, Eleonora Evi, deputata nazionale del Partito Democratico, affronta il tema della violenza sulle donne, portando alla luce aspetti critici e misure concrete necessarie per contrastare un fenomeno sempre più preoccupante.

di Michelangelo Monachello: “La violenza di genere è una questione culturale”, afferma Evi. “Non si può parlare delle donne come se fossero creature da ‘proteggere’, come ha detto recentemente Trump, che ha dichiarato di voler ‘proteggere le donne anche se non vogliono’. Un approccio del genere presuppone che le donne siano esseri inferiori, incapaci di autodeterminarsi.”

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Per Evi, la battaglia deve partire dall’uguaglianza dei diritti e delle opportunità. “Le donne devono avere diritti, libertà e possibilità uguali a quelli degli uomini, a partire dai salari. In Italia il divario è ancora inaccettabile, e solo il 58% delle donne ha un conto corrente personale. È una dipendenza economica che alimenta situazioni di vulnerabilità.”

La deputata sottolinea l’importanza di un’azione immediata per proteggere chi è a rischio di violenza. “I femminicidi sono stati più di 90 quest’anno. È una strage silenziosa che il nostro Paese non può più ignorare. Quando ci sono situazioni di pericolo, serve una risposta tempestiva e concreta per proteggere la vita di chi è minacciato.”

Riguardo all’educazione e al ruolo delle scuole, Evi denuncia una visione arretrata da parte del governo. “Questo governo e le destre continuano a rifiutare l’introduzione di percorsi di educazione affettiva e di genere nelle scuole, sostenendo che sia un compito esclusivo delle famiglie. Ma spesso proprio nelle famiglie si perpetuano quegli stessi stereotipi che impediscono un vero cambiamento culturale.”

Evi evidenzia gli sforzi fatti dalle opposizioni per sostenere le vittime di violenza: “Nella scorsa legge di bilancio, abbiamo destinato tutte le risorse a disposizione – 40 milioni di euro – per il reddito di libertà, la formazione delle forze dell’ordine, la rete dei centri antiviolenza e la creazione di nuove case rifugio. È stato un impegno importante per garantire un sostegno concreto alle donne che intraprendono un percorso di fuoriuscita dalla violenza.”

Tuttavia, le difficoltà restano. “Non è ancora chiaro come questi fondi verranno ripartiti a livello regionale. Vogliamo assicurarci che le risorse arrivino davvero alle donne che ne hanno bisogno e ai servizi per fermare questo fenomeno.”

Evi esprime inoltre preoccupazione per il malfunzionamento dei dispositivi anti-stalking. “I femminicidi di questi giorni dimostrano che i braccialetti elettronici non funzionano come dovrebbero. Non solo sono pochi rispetto al bisogno, ma molti dispositivi segnalano falsi allarmi o, peggio, non rilevano le violazioni. Serve un’azione urgente da parte del governo.”

Infine, Evi denuncia il sessismo diffuso nella società e nei media: “Quando vincono medaglie, le nostre atlete spesso non vengono neppure nominate per nome e cognome. Ricordo il titolo pessimo di quest’estate: ‘L’amica di Diletta Leotta, la francese, la psicologa, la mamma’, invece dei nomi delle atlete Rossella Fiammingo, Mara Navarria, Alberta Santuccio e Giulia Rizzi. È un segnale di quanto sia difficile liberarsi da una cultura patriarcale e maschilista.”

Chiudendo il suo intervento, Evi invita a un impegno condiviso per promuovere un’autentica uguaglianza di genere. “Serve un cambiamento culturale profondo e duraturo. Abbiamo bisogno di una società in cui il rispetto delle differenze sia insegnato fin da piccoli e in cui le donne non siano mai trattate come ‘tesori da proteggere’, ma come persone con pari diritti.”

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