Don Pino Puglisi: L’eredità di un beato a 31 anni dalla sua morte

Ieri 15 settembre 2024, è stato il 31° anniversario della morte di don Pino Puglisi.

Don Giuseppe Puglisi, detto Pino, è stato un presbitero,educatore e insegnante italiano e per il suo coraggio e il sacrificio nella lotta contro la mafia, Padre Puglisi fu beatificato da Papa Francesco il 25 maggio 2013. È  stata la prima vittima della mafia riconosciuta come martire dalla Chiesa.

Fu ucciso a Brancaccio di fronte il portone di casa sua da “Cosa Nostra” nel giorno del suo 56° compleanno a causa del suo impegno evangelico e sociale.

Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, impegnato nella pastorale giovanile. Sottraeva i ragazzi alla malavita educandoli secondo il Vangelo, e per questo fu ucciso dalla mafia. Tuttavia, la sua vera vittoria è stata in Cristo risorto.

Il quartiere di Brancaccio soffriva la mancanza di servizi essenziali come asili, scuole e infrastrutture, persino di una rete fognaria adeguata. In risposta a questa situazione di abbandono, Padre Puglisi fondò il Centro di Accoglienza Padre Nostro per sostenere le persone più vulnerabili, affrontando i problemi del quartiere dominato dalla mafia e cercando soluzioni concrete per migliorare la vita dei residenti.

Nel ricordarlo, Raoul Russo, senatore siciliano e membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere ha dichiarato:

Don Pino Puglisi è stato un esempio che travalica la natura ecclesiale, il mandato religioso al quale era votato. Padre Puglisi amava il dialogo e l’incontro, parlare con la gente e i giovani soprattutto; quei giovani che lo circondavano per ricevere un consiglio, una speranza, un sorriso: lo stesso sorriso disegnato sul suo viso, che egli mostrò angelicamente al suo assassino. Pino Puglisi non era avvezzo alle invettive da passerella, preferiva la costruzione dell’idea di legalità attraverso la presenza (c’era sempre, per tutti) e il dialogo. Il suo impegno civile è stato e continua ad essere la dimostrazione di come si possa e si debba parlare alla gente, ai fedeli, ma anche a coloro che sono distanti dall’insegnamento cristiano e dall’idea di legalità, nella speranza di avvicinarli alla Chiesa e al consesso civile: ‘Se ognuno fa qualcosa…’ soleva dire. Un Comandamento laico e non solo religioso affinché semplici cittadini e gli stessi politici si impegnassero contro la mafia; un modo semplice di agire passo dopo passo, di predicare la legalità, perché dove c’è la speranza nel cuore ogni cambiamento è possibile. La sua pacatezza e il suo linguaggio semplice facevano sì che magistero ecclesiale e impegno civile fossero la stessa cosa e con questi mezzi semplici, non costruiti artificialmente, egli prima sfidò la mafia e poi l’affrontò nel nome di Dio e delle leggi dello Stato”.

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