Coronavirus, nuova ondata di contagi a causa dei migranti?

Quanto le migrazioni possono contribuire alla diffusione del coronavirus in Italia? Alcuni dati aiutano a capire il rischio legato agli sbarchi. Covid e migranti in Italia: esiste davvero in rischio di diffusione del contagio a causa degli sbarchi?

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Date le ultime vicende del nostro Paese riguardo all’immigrazione, la domanda risulta particolarmente attuale. Il sindaco di Lampedusa ha recentemente dichiarato che la situazione è insostenibile, dato l’arrivo giornaliero di richiedenti asilo, e che richiederà lo stato di emergenza, nel caso in cui continui così.

Preoccupazione è arrivata anche dal presidente Musumeci, che ha parlato di un’emergenza sanitaria e politica. Dello stesso parere anche il governatore del Friuli Venezia Giulia, il quale ha invocato l’aiuto dell’esercito per bloccare i migranti affetti dal Covid dalla rotta balcanica.

Salvini, invece, non ha esitato ad appellarsi ai migranti come ai nuovi infetti del Paese, gridando l’urgenza di chiudere i porti. Il Covid si sta diffondendo a causa degli sbarchi estivi sulle nostre coste? Alcuni dati numerici aiutano a comprendere meglio la situazione.

Per cominciare a discutere riguardo al reale rischio di contagio proveniente dal mare, risulta particolarmente utile un’analisi numerica sugli sbarchi dei migranti irregolari in Italia da marzo ad oggi.

I dati arrivano da una ricerca ISPI, con l’obiettivo di fornire un fact checking sul legame tra migrazioni e Covid, facile argomento di strumentalizzazioni politiche.

Prima di tutto, bisogna specificare che dall’inizio di marzo al 14 luglio  sono 6.469 i migranti di diverse nazionalità sbarcati sulle nostre coste. Tra questi, meno di 100 sono risultati positivi ai controlli effettuati una volta raggiunta la terraferma, a volte senza neanche poter scendere e restando in quarantena in imbarcazioni apposite.

In percentuale, quindi, i contagiati sono pari all’1,5% dei migranti giunti in Italia. Bisogna anche sottolineare che i gruppi di positivi sono stati quasi sempre individuati tra persone che viaggiavano ammassati sulla stessa imbarcazione.

È facile pensare, dunque, che si siano contagiati a vicenda durante il viaggio in mare, piuttosto che essere partiti già positivi dal Paese di imbarco.

La ricerca ISPI sottolinea due aspetti importanti delle migrazioni e del loro presunto legame con la diffusione del contagio da coronavirus in Italia.

Dall’altra, però, è bene ricordare che tutti i richiedenti asilo che giungono in Italia via mare sono sottoposti a tampone e messi in quarantena, fino a quando non ci sarà l’esito negativo del test. Una procedura sanitaria di controllo molto importante, che non è prevista per esempio per gli stranieri che entrano regolarmente con bus, aerei, treni e altri mezzi.

L’importazione del contagio tramite gli sbarchi via mare è, dunque, possibile, ma controllabile ad oggi. Inoltre, numericamente parlando non sta incidendo in modo così netto sui nuovi focolai nazionali.

La situazione critica sulle coste siciliane e a Lampedusa ha riportato l’attenzione sugli sbarchi estivi. Siamo veramente davanti a un’ondata insostenibile di sbarchi in un momento delicato per via della lotta al virus?

Ancora una volta i numeri possono fornirci una chiave di lettura obiettiva del fenomeno migratorio. La ricerca dell’ISPI ricorda che nel periodo tra settembre 2019 e febbraio 2020 gli arrivi via mare erano raddoppiati rispetto all’anno precedente. Si era passati, infatti, da 3.555 a 8.889 sbarchi.

La situazione comunque non può essere paragonata al periodo più intenso per gli sbarchi in Italia: dal 2014 al 2017, infatti, arrivarono in Italia 600.000 migranti.

Per quanto riguarda gli sbarchi, la situazione incontrollabile di qualche anno fa è ben lontana dal ripresentarsi e probabilmente non ripetibile. Secondo le stime, infatti, nel caso in cui alla fine dell’anno 2020 saranno arrivati via mare 20.000 persone, queste saranno comunque il 90% in meno rispetto al periodo di massimo sbarchi in Italia: il 2016.

Infine, bisogna sottolineare che l’effetto della pandemia sugli sbarchi non è stato tanto evidente quanto ci si aspettava. Se è vero che a marzo, in piena emergenza Covid, gli sbarchi nel nostro Paese sono diminuiti dell’80% (anche per le condizioni climatiche avverse), gli arrivi sono scesi in maniera drastica dalla Tunisia, ma non dalla Libia.

Dalla Libia, provata da guerra, povertà e centri di detenzione violenti, i migranti hanno tentato di intraprendere un viaggio della speranza in mare, senza farsi fermare dall’emergenza sanitaria.

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