Coronavirus, ecco cosa ne pensano i giovani ESCLUSIVA PRIMA STAMPA

Coronavirus, ecco cosa ne pensano i giovani. Abbiamo parlato (a distanza) con una di loro, per farci raccontare come stanno vivendo questa situazione

Abbiamo sentito una giovane a cui abbiamo posto delle domande per capire come stanno vivendo questa situazione di emergenza sanitaria. Domande semplici a cui seguono risposte altrettanto semplici e dirette. Per motivi di riservatezza, non abbiamo riportato l’identità della giovane e dell’istituto scolastico, l’intervista serve solo per offrire uno spunto di riflessione.

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Come vi sentite emotivamente stando lontani dalla scuola in un periodo in cui non ci sono vacanze?

«Io sono personalmente dispiaciuta e noto anche tra i miei compagni un comune senso di nostalgia. Credo sia normale, in fondo. Se avessi dovuto stare a casa per altri motivi, come delle vacanze, sarei stata sicuramente molto contenta, ma adesso mi sento come se stessi perdendo un mese di apprendimento, che nessuno potrà ridarmi.

Voglio dire che i professori si stanno adoperando come possono per continuare a spiegare e a darci la possibilità di imparare, ma non è affatto la stessa cosa. La scuola riesce a darci quel senso di dialogo e di familiarità, soprattutto con i compagni, cosa che attraverso un computer non è possibile».

Come state studiando?

«Facciamo delle video lezioni, alcune volte i professori ci mandano dei video in cui spiegano un nuovo argomento e poi lasciano degli esercizi relativi a ciò che hanno spiegato oppure ci vengono inviati link di approfondimento di qualsiasi tipo: dal testo word al documentario, spesso accompagnati dall’assegnazione di compiti da svolgere».

Vi hanno suggerito di pensare ad iniziative di sensibilizzazione per “restare a casa”?

«Ci hanno suggerito i titoli di alcuni libri per incoraggiarci alla lettura, ma anche per tenerci occupati in casa e so che alcuni dei nostri compagni hanno anche realizzato un video in cui danno dei consigli riguardo a ciò che si potrebbe fare a casa per sfruttare al meglio questo tempo».

Cosa pensi dei giovani che nonostante le ordinanza erano nei locali?

«Penso che stiano sottovalutando il problema. Non credo sia qualcosa che riguardi la singola persona, ma l’intera collettività. Ora più che mai è necessario dimostrare grande senso civico, rispettando le norme che ci vengono date e soprattutto restando in casa.

Credo che questo comportamento derivi principalmente da due fattori: la sconsideratezza (chiamiamola anche imprudenza, se vogliamo) e un certo senso di “immortalità”, che accompagna noi adolescenti per gran parte di questa nostra fase della crescita. Crediamo che nulla possa toccarci e che, anche se lo facesse, riusciremmo comunque a uscirne indenni.

Purtroppo, non è così e ad un’azione corrisponde sempre una reazione, lo studiamo anche a scuola. Quindi è necessario che tutti agiscano in modo corretto, affinché si possa non solo affrontare l’emergenza sanitaria, ma anche cercare di tornare alla normalità il prima possibile. Si richiede a tutti un sacrificio, a chi più e a chi meno, ma ritengo sia necessario».

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