Coronavirus, e-commerce e impatto ambientale

Coronavirus: e-commerce e impatto ambientale. Amazon assume 75.000 nuovi dipendenti in America a causa del boom di richieste

Coronavirus. Se in Italia la maggior parte delle aziende restano chiuse, lo stesso non si può dire di Amazon, colosso americano dell’e-commerce, che non solo ha dovuto incrementare i ritmi di produzione, smistamento e consegna dei prodotti, ma ha addirittura assunto 75.000 nuovi dipendenti in America. Il motivo? Il boom di richieste a seguito della diffusione del coronavirus e della quarantena a cui tutti siamo sottoposti.  Il commercio online sembra essere un settore destinato alla crescita e tutti lo utilizzano indistintamente, ma quali rischi presenta?

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Ho intervistato diversi abitanti del territorio calatino dai 15 ai 57 anni per comprendere come il sistema della compra-vendita online si sia fatto spazio nelle nostre vite.  Il 94,7% degli intervistati ha dichiarato, infatti, di aver comprato almeno una volta in rete. La maggior parte dei consumatori ai quali ho rivolto le mie domande (il 42,1%) afferma di comprare online in media una volta al mese, ma c’è anche chi (il 15,8%) acquista online più frequentemente e chi (il 21%) compra soltanto all’occorrenza.

Tra i prodotti più gettonati rientrano i libri, acquistati di frequente dal 26,8% degli intervistati e molto gettonati tra gli under20. Tra i best seller rientrano anche gli oggetti che hanno a che fare con l’elettronica con una percentuale del 26,8%. Medaglia di bronzo per la categoria dell’abbigliamento, frequentata online dal 21,1% del campione. Tuttavia non tutti (il 21,1%), pur acquistando online, lo ritengono un mezzo sicuro. La totalità del campione si trova, però, d’accordo nell’affermare che questo sistema di commercio è destinato a crescere sul piano economico più di quanto non stia facendo adesso.

Ho chiesto, inoltre, agli intervistati quali sono secondo loro i vantaggi e rischi dell’e-commerce. “Comprare online è facile, veloce per tutti e spesso molto conveniente. Tra i vantaggi vi è anche quello di acquistare i prodotti direttamente da casa, cosa che si rende particolarmente necessaria in questo periodo” dice Emily, 16 anni.

“In una situazione di emergenza sanitaria credo che sia una buona soluzione per evitare i contatti e favorire il distanziamento sociale” afferma Massimo, 48 anni.

“Ritengo che uno dei punti a favore del commercio online sia rappresentato dai sistemi di recensione, oltre naturalmente ad una maggiore disponibilità di prodotti e un’ampia gamma di aziende da cui acquistare gli oggetti desiderati, spesso anche a prezzi molto convenienti” asserisce Ennio, 17 anni. Dunque i vantaggi sembrano essere l’immediatezza, l’ampia scelta di prodotti, che spesso non sono reperibili nei negozi fisici, la comodità e il risparmio.

Tuttavia, anche questo sistema ha i propri rischi e primo fra tutti l’impatto ambientale, anche se il problema che sembra essere maggiormente preso in considerazione dal campione intervistato è sicuramente quello delle truffe. Infatti, acquistando online, non è sempre possibile assicurarsi che il prodotto sia esattamente come ci viene presentato.

Uno dei grandi problemi dell’e-commerce, oltre alla concorrenza ai piccoli negozi fisici che, nella maggior parte dei casi, non riescono ad offrire prodotti a prezzi competitivi, consiste sicuramente negli imballaggi: non sempre la plastica utilizzata è riciclabile e la carta, nonostante possa essere riciclata, non sembra una buona alternativa, in quanto non farebbe altro che favorire il fenomeno della deforestazione.

Sebbene, dunque, il 63,2% degli intervistati abbia dichiarato di non aver mai considerato il problema dell’impatto ambientale in relazione all’acquisto di prodotti in rete, proprio l’ambiente è quello che soffre di più di questo nuovo modo di commerciare che, in quanto veloce, quasi immediato, non sembra prevedere più la riparazione degli oggetti, ma la loro sostituzione, ancor meglio se ad un prezzo vantaggioso.

In Italia nel 2019 è cresciuto del 15% il valore degli acquisti online rispetto all’anno precedente per un valore di 31,5 miliardi di euro. Teoricamente il commercio online non è, o non dovrebbe essere, più inquinante del commercio offline tradizionale, tanto che in un primo momento era sembrata una buona alternativa per ridurre l’impatto provocato dagli spostamenti autonomi dei consumatori.

Tuttavia, bisogna considerare diverse variabili. Infatti, per quanto riguarda l’impatto ambientale è stato dimostrato che comprare online è conveniente solo quando il cliente deve percorrere per recarsi nel negozio fisico più di 15km.

Un altro fattore da tenere in considerazione è sicuramente la consegna veloce, possibilità introdotta da diverse aziende che si occupano di e-commerce per imporsi sulla concorrenza e attirare i consumatori. Una consegna veloce richiede,infatti, circa il triplo dell’energia di una consegna tradizionale, in quanto, se con la consegna tradizionale è possibile portare più prodotti a destinazione con un unico mezzo di trasporto, con la consegna veloce ci sarà bisogno di più corrieri che portano i pacchi in luoghi diversi.

Questo comporta, naturalmente, un incremento del traffico in città e di conseguenza anche delle emissioni. Informare i consumatori dell’impatto ambientale che provocano scegliendo la spedizione in un solo giorno può essere utile, in quanto il 30% di loro subito dopo afferma che è disposto ad aspettare qualche giorno in più per i propri prodotti.

Un altro elemento da considerare è anche la possibilità del reso che le multinazionali del commercio online hanno inserito per rendere l’acquisto in formato digitale il più simile possibile a quello offline. Infatti, chi compra un prodotto ha dai 30 ai 100 giorni per restituirlo, qualora non ne fosse soddisfatto.

Secondo i dati raccolti da Presa Diretta i resi di Zalando, società di commercio online specializzata nel settore dell’abbigliamento, tra il 2010 e il 2015 sono aumentati del 66% e questo vuol dire che circa la metà dei prodotti consegnati è stata trasportata per due volte con il relativo aumento delle emissioni di CO2.

Secondo un’inchiesta di Manitese, in Italia Amazon distrugge fino a 100 mila prodotti nuovi al mese nei poli logistici del territorio. Si tratta di prodotti danneggiati e rimasti invenduti.

A rafforzare questa inchiesta è l’emissione francese Capital, secondo la quale Amazon avrebbe distrutto in Francia 3,2 milioni di oggetti nuovi nel 2018. Non abbiamo dei dati ufficiali, ma se fosse così, basti pensare che distruggere 100 televisori corrisponderebbe a viaggiare inutilmente da Milano a Pechino per 54 volte per capire quanto sia forte l’impatto ambientale.

Il tutto avviene in maniera perfettamente legale, poiché a predisporre la distruzione degli oggetti oltre la giacenza concordata è il fornitore che, secondo una normativa sulla distruzione volontaria di fine anni novanta, può fare ciò che desidera con i propri prodotti. Ad eseguire materialmente lo smaltimento è spesso, invece, una piccola azienda locale.

Secondo il consorzio per il riciclo degli imballaggi di plastica, il Corepla, il commercio online ha rappresentato il 15% del totale della plastica immessa al consumo nel 2016 e si stima, in questo senso, un aumento del +200% negli ultimi dieci anni.

Bisogna, inoltre, considerare anche la difficoltà nel riciclaggio delle varie parti dell’imballaggio, in quanto composto da materiali differenti tra loro. Il pacco ordinato online può arrivare a causare un’emissione di 180kg di CO2, maggiore rispetto a quella di 11 kg della busta tradizionale presa nel negozio fisico. La gran parte delle consegne nel nostro Paese avviene, inoltre, con mezzi di trasporto vecchi ed inquinanti.

L’Ispra prevede che circa il 75% dei veicoli commerciali leggeri appartengano a una classe inferiore ad Euro 5. Oltretutto, secondo l’International Air Transport Association, la domanda globale del trasporto merci in aereo, mezzo molto più impattante rispetto alle navi o ai treni, è aumentata del 5% nel 2018.

Nel nostro piccolo possiamo comunque fare la differenza aspettando qualche giorno in più per ricevere i prodotti, evitando l’utilizzo del servizio di consegna rapida, e acquistando più prodotti per ogni spedizione.

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