Caso Armando Siri: al Senato deciso di bloccare l’uso delle intercettazioni

È il Leader del Movimento 5 Stelle a rendere nota la notizia con un post su Facebook: “Quando ero Presidente del Consiglio ho preteso e ottenuto l’uscita dal Governo del sottosegretario della Lega Armando Siri, coinvolto in un’indagine per corruzione, lasciandogli ovviamente la possibilità di dedicarsi a tempo pieno a dimostrare la propria innocenza in Tribunale. Un segnale che ho ritenuto necessario in direzione della massima garanzia dei principi di etica pubblica, che non ammettono ombre, ma trasparenza e chiarezza nei confronti dei cittadini.
In Senato i partiti – con l’eccezione di Movimento 5 Stelle e Leu – hanno deciso di bloccare l’uso delle intercettazioni che riguardano il senatore Siri”.

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Era l’aprile del 2019 ed eravamo nel pieno Conte1 – il Governo gialloverde Lega-M5S – quando il sottosegretario leghista alle Infrastrutture, Armando Siri, è indagato a Roma per corruzione per aver adottato provvedimenti ed emendamenti che hanno favorito l’imprenditore Paolo Franco Arata (anche lui indagato) in cambio di una tangente da 30mila euro.

L’imprenditore era in affari con il re dell’eolico Vito Nicastri, considerato uno dei finanziatori di Matteo Messina Denaro.
Gli inquirenti di Roma avevano sviluppato un’indagine partita dalla Procura di Palermo, contestando il reato di corruzione anche per un altro episodio: si sarebbe attivato (dietro promessa di lauti guadagni) per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse per future commesse della Leonardo Spa e anche per far rimuovere un contrammiraglio della Guardia Costiera (critico su alcuni aspetti della fornitura di sistemi radar affidata alla stessa azienda).

Due giorni dopo l’inchiesta, poi, emerse uno scandalo legato alla vicenda Siri: il figlio di Arata, Federico, era stato assunto come consulente del sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Quando emerse la notizia, il Partito Democratico (allora all’opposizione) tuonava “Fatti gravi” evocando la questione morale: una vicenda fatta di “uomini cerniera tra mafia e istituzioni”.
Il Partito Democratico mosse addirittura una mozione di sfiducia nei confronti del Governo Conte 1 su cui, a loro dire, aleggiavano “ombre inquietanti”, facendo traballare il Governo.

Franco Roberti, ex procuratore nazionale antimafia eletto al Parlamento europeo col Pd, in un’intervista a Repubblica dichiarava: “In questa indagine mi sembra di rivedere quel modello di corruzione politico-mafiosa che ha avvelenato la vita del Paese e ha consentito alle organizzazioni criminali di entrare nelle istituzioni”. E ancora parlava di “un modello fondato su uomini cerniera” che consente “alla mafia di controllare e orientare la politica”. Nicola Zingaretti, segretario del Pd, attaccava Siri per le mancate dimissioni.

Fu il Presidente Conte, dopo due settimane, a decidere di far dimettere Siri con scorno di Salvini (che tre mesi dopo farà cadere il governo). Ma nel mezzo, il Pd aveva presentato una mozione di sfiducia contro il premier, ed esultato per le dimissioni di Siri. “È merito nostro se ha lasciato” tuonava il 2 maggio Paola De Micheli.

Peccato che tre anni dopo, sia stato proprio il Pd a contribuire a stoppare l’uso delle intercettazioni chiesto dal Tribunale di Roma proprio nel processo in cui Siri è imputato.

Il Senato ha detto NO ai magistrati di Roma, respingendo la richiesta dell’autorità giudiziaria di usare le intercettazioni che riguardano il parlamentare della Lega, Armando Siri, indagato per finanziamento illecito.

A salvarlo sono stati Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Italia Viva e la corrente renziana all’interno del Pd. Il MoVimento 5 Stelle e la Leu, invece, hanno votato compatto per autorizzate i magistrati all’uso delle intercettazioni telefoniche. Il leader Pentastellato, nel suo post su Facebook continua: “Noi pensiamo e agiamo diversamente: partiamo dalla premessa che la politica debba sempre rendere conto ai cittadini, senza ritagliarsi privilegi che i comuni cittadini non hanno. Dispiace che altre forze politiche non la pensino così. Non ci sentiamo certo soli, abbiamo i nostri valori a farci compagnia”.

Adesso i magistrati non potranno utilizzare nel processo le intercettazioni indirette che riguardano Siri. Invece di permettere alla magistratura di fare chiarezza, alcuni partiti hanno preferito usare, ancora una volta, lo scudo dell’immunità.

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