Ogni 18 marzo, a Mirabella Imbaccari, si celebra con devozione festa di San Giuseppe, con la tradizionale visita agli altari di San Giuseppe. Ogni altare è allestito dai fedeli cittadini con amore, fede e sacrificio, con gioia e spirito di devozione, tutto in onore del Patrono San Giuseppe.
“Gli altari vengono fatti o per tradizione, o per un voto a San Giuseppe, ma fare un altare significa anche devozione, o ringraziamento per una richiesta già fatta” ha affermato Giovanni Cavalluccio, responsabile della casa di riposo Maria Santissima delle Grazie di Mirabella Imbaccari, la quale ha partecipato all’evento.
Ma andiamo ad approfondire meglio questa particolare tradizione con l’intervista a Don Marco Casella, parroco della Chiesa Parrocchiale di Maria Santissima delle Grazie.
Potrebbe parlarci meglio di questa particolare tradizione degli altari di San Giuseppe?
La tradizione in questa comunità è molto sentita, al punto che quando giunge il periodo di San Giuseppe nasce in maniera spontanea il desiderio di preparare gli altari in onore dello stesso santo compatrono.
I motivi per i quali si preparano sono tanti, e possono essere preparati o per grazia ricevuta, o per invocare un suo intervento, o per chiedere un rendimento di grazie. Gli altari che vengono preparati normalmente hanno una base costante, e le famiglie che li preparano lo fanno da molti anni, e alcuni fanno la promessa a san Giuseppe di prepararli fino a quando avranno le forze per poterlo fare.
Come si costruisce un altare?
La preparazione dell’altare è particolarmente impegnativa, e coinvolge non soltanto la persona o la famiglia che fa questo voto, ma tutta Mirabella. Normalmente vengono preparate le pietanze per San Giuseppe, la Madonna e Gesù bambino, e nell’altare non mancano mai quelli che sono i simboli che lo caratterizzano, quali in cima il quadro di San Giuseppe, o meglio della Sacra Famiglia, e vicino i tre pani, che rappresentano San Giuseppe, con un pane verticale che richiama il bastone, Gesù bambino, il cui pane lo rappresenta a forma di gallo, ma in realtà nella tradizione poteva essere riconducibile a un pesce, che sappiamo essere l’acronimo di Gesù Cristo, figlio di Dio Salvatore, e la Madonna, rappresentata con un pane grande con le mani incrociate nel senso della verginità della Vergine Maria. Sulla tavolata infine sono collocati da un lato i biscotti, dall’altro frutta, ortaggi, e anche scatolame al giorno d’oggik, anche se quando è nata la tradizione tutto era fatto rigorosamente in casa.
Quando si preparano i pani poi c’è un procedimento di preghiera, attraverso delle preghiere che vengono tramandate di generazione in generazione, in particolare nel momento in cui si inforna il pane.
Cosa è il lamento? Perché si fa?
Se allarghiamo lo sguardo e consideriamo che siamo in un contesto quaresimale, quindi un periodo penitenziale, il lamento serve proprio a ricordare questo. La festa di San Giuseppe ha dei valori che ruotano tutti attorno a dei principi, quali la carità, perché viene preparato il tutto per aiutare il prossimo, e la preghiera, sempre presente, e i lamenti servono proprio a non perdere di vista il celebrare la Pasqua del Signore, mantenendo quel legame con il periodo forte quaresimale nel quale cade la festa di San Giuseppe. È una preghiera e una catechesi complessa da seguire, ma dietro c’è un grande patrimonio e una grande tradizione anche di preghiere di riflessione, che i mirabellesi porteranno sempre nel cuore.
La tradizione e la fede molto spesso si incontrano e diventano un tutt’uno in queste feste di paese, feste particolarmente sentite dai cittadini stessi, i quali con devozione e amore cercano sempre di mantenerle vive, nella mente e nel cuore di tutti, rendendo una festa come quella di San Giuseppe un momento unico e vivo, un evento da vivere e condividere, una dimostrazione di fede e devozione che solo i veri fedeli possono portare avanti. Per questo auguriamo ai Mirabellesi di riuscire a portare sempre avanti queste tradizioni, perché sono un elemento fondamentale della loro storia.
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VG